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martedì 17 maggio 2011

La spia

Ha bisogno di assistenza?
No, grazie!
Passata la dogana mi siedo ad attendere la comparsa del numero del cancello d’uscita del mio volo. Sembravo una spia, a dire il vero nemmeno tanto discreta! Con la fotocamera del mio cellulare fotografavo il tabellone, quindi zoommavo la foto per visualizzare meglio la riga dove compariva il  numero del volo. Grande intuizione e grande tecnologia!
Con il tempo ho sviluppato degli stratagemmi ed imparato ad utilizzare gli strumenti a mia disposizione per affrontare il mondo e districarmi tra la gente, riuscendo a controllare progressivamente quella paura di non farcela che mi deriva dal mio handicap visivo. Dopo questo episodio, avvenuto in un frequentatissimo aeroporto di una grande capitale europea, ho capito che posso buttarmi nella mischia come fanno tutti e cavarmela nonostante il mio handicap. Nemmeno per un attimo, questa volta, mi sono sentito solo né ho avvertito il bisogno di essere accompagnato.

sabato 8 gennaio 2011

Quel che rimane

Silenzio. Fuori la neve, in casa il buio; dalle finestre filtra solo la luce fioca dei lampioni riflessa dal biancore della neve. Tutto è immobile ed ovattato, specchio dell’anima!


Cosa rimane? Prima c’era tutto, ora sembra che non ci sia più niente. Le giornate si sono improvvisamente svuotate e sono diventate tutte uguali; si vive così, un giorno dopo l’altro, in attesa!


Cosa rimane? Ricordi, intenzioni, voci, parole, frasi, scelte: un nodo alla gola, doloroso, paralizzante.


Tutto era apparso scontato, ma a niente si era dato davvero importanza.


Il telefono avvisa l’arrivo di un messaggio; pigramente il dito fa scorrere le parole sul piccolo schermo.


Che sorpresa! Gentile! Ha apprezzato!


Ecco, qualcuno ha apprezzato e l’ha comunicato: questo piccolo gesto di riconoscenza risolleva il morale, la nuvola di nostalgia vacilla leggermente.


Forse non si ottengono dei riscontri visibili ed immediati dei propri gesti e delle proprie azioni, ma non bisogna scoraggiarsi: i veri nemici non sono gli altri, non è il mondo, non sono le circostanze; i veri nemici sono le nostre paure, le nostre debolezze, le nostre indecisioni, i nostri bisogni. Queste sono le cose che possono davvero diventare pericolose e farci del male.


Non rispondo al messaggio, ma chiamo direttamente il mittente, che mi comunica a voce quello che non si riesce a sintetizzare via SMS.

domenica 22 novembre 2009

La telefonata

Ti do 18 perché te lo sei meritato.


Così mi congedò il professore dopo aver apposto il voto sul libretto, il 20 aprile 2005.

Dal 18 luglio 2000 erano passati più di 4 anni senza che io avessi sostenuto esami. Tanto, infatti, era durata la mia sospensione più o meno volontaria dagli studi universitari. In quel lasso di tempo avevo subito due interventi ad entrambi gli occhi per un glaucoma iperacuto da chiusura d’angolo; avevo frequentato l’Irlanda, iniziato a lavorare in un ambulatorio veterinario omeopatico e comprato casa. In quel lasso di tempo, a causa di un indefinito stato di malessere, non riuscii ad affrontare nessuna prova d’esame; in generale mi sentivo scoraggiato ed avevo perso ogni motivazione.


Poi, come risvegliandomi da un letargo mentale, il 6 gennaio 2005 decisi di ricominciare a fare sul serio, in primo luogo riprendendo in mano i libri e ripresentandomi agli appelli. Il primo tra gli esami che mi mancavano era stato fissato per il 26 gennaio 2005: fallii la prova e la ritentai appunto ad aprile, superandola meritatamente seppure con un voto basso. Qualcosa, però, non funzionava ancora in me, non mi sentivo del tutto libero dallo stato che mi aveva accompagnato negli anni precedenti; infatti, il 10 settembre 2005, nonostante fossero trascorsi quasi 9 mesi dalla scelta di ricominciare, mi resi conto che avevo bisogno di altro tempo, ma contemporaneamente capì che non era solo una questione di…tempo! Dovevo fare qualcosa, serviva un’iniziativa per sbloccare definitivamente la situazione. Presi il telefono e chiamai il Servizio Disabilità ed Handicap dell’Università: come ipovedente cieco ventesimista pensai che avrei potuto trovare un appoggio presso questo ufficio ed infatti fu così. Scoprii che effettivamente il personale addetto aspettava solo questo, che ogni studente disabile si facessero sentire per chiedere sostegno e consigli. Così ottenni il contatto del Professore di riferimento presso la mia Facoltà, il quale prese subito a cuore la mia causa. Grazie al suo intervento riuscii a concludere l’iter degli studi in meno di 2 anni: il 5 ottobre 2005 passai un esame, il 26 dello stesso mese non mi presentai ad un altro che, però, passai brillantemente il mese successivo, il 29 novembre 2005, dopodiché sostenni, a cadenza quasi mensile, superandoli al primo colpo, tutti gli esami fino all’ultimo, il 30 marzo 2007.


7 anni, dal 1993 al 2000, per svolgere metà degli esami, 5 anni di crisi, 2 anni per completare l’altra metà degli esami: la nebbia mentale cominciò a diradasi davvero dopo la telefonata all’Ufficio Disabili nel settembre 2005. Da quel 6 gennaio furono necessari circa 9 mesi per uscire progressivamente dallo stato in cui mi trovavo, 9 mesi in cui, nonostante l’entusiasmo derivato dalla rinnovata volontà di concludere l’università, dovevo ancora maturare una consapevolezza di me e, soprattutto, la decisione di compiere il passo decisivo, il gesto che avrebbe tolto definitivamente il freno.