Vuoi un succo?
Le parole, appena sussurrate, lo risvegliarono dal dolce torpore. Lentamente si alzarono dal divano e, senza perdersi di vista un attimo, si spostarono in cucina. La grande casa, con le sue stanze, le sue pareti, le sue porte, le sue finestre, teneva il mondo lontano; i rumori della strada giungevano affievoliti ed in quel momento dentro la casa si sentiva solo il rumore delle piante dei loro piedi sul pavimento fresco.
Aprì il frigo, tirò fuori la bottiglia; prese un bicchiere dall’armadietto, sollevandosi sulle punte dei piedi, lo riempì e glielo diede. Restarono lì in piedi senza togliersi gli occhi di dosso, appoggiati dolcemente al piano della cucina ed illuminati dalla fioca luce della cappa; la tapparella del terrazzo leggermente abbassata lasciò entrare una leggera brezza che delicatamente accarezzò i loro corpi.
Vieni.
Prese la sua mano e lo condusse in camera.
Notte. Supini, le dita delle mani che sfiorano appena la pelle ancora calda. Silenzio, dalla finestra aperta il rumore di un tram in lontananza. Percepiva chiaramente che entrambi stavano pensando alla stessa cosa: era da tanto tempo che quel grande letto non ospitava un’altra persona.
Non rivide più la grande casa. Ripensandoci, però, le cose non sarebbero potute andare diversamente: fu tutto perfetto, puro, vissuto con la massima naturalezza e sincerità.
Grazie a questa considerazione, col tempo riuscì a colmare la sensazione di vuoto e di sfiducia ed a risvegliare in lui il desiderio e la speranza.
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