martedì 26 gennaio 2010

L'istinto

[...] mi sento disarmato e penso che nella circostanza sarei preso dall’angoscia di dover chiedere aiuto a degli sconosciuti con un bambino in braccio. Oggi questa eventualità mi spaventa e mi scoraggia: spero che non debba mai succedere, ma se dovesse, voglio pensare di riuscire a gestirla.” (La bambina)


Gli autisti degli autobus, si sa, non sono sempre diligenti anzi, a volte tengono, tra le altre cose, una guida molto nervosa!

Qualche sera fa, tornando a casa, è salito sull’autobus un bambino accompagnato dal padre. Si erano posizionati entrambi davanti a me, il padre si era subito attaccato, mentre il bambino, che portava uno zaino pesante sulle spalle. Ad un certo punto l’autista ha frenato di colpo e per inerzia i passeggeri liberi sono stai sbalzati in avanti, compreso il bambino davanti a me. Istintivamente l’ho afferrato per lo zaino, frenando la sua caduta. Il padre, da bravo bergamasco, ha detto al bambino di aggrapparsi, senza rivolgermi nessuna attenzione.


Il mio gesto mi ha sorpreso, perché non pensavo di avere questa “prontezza”; invece, non ho avuto nessuna esitazione, non ho pensato, anzi mi è sembrato quasi normale, come se fossi io responsabile di quel bambino. Quanti altri gesti istintivi trattengo dentro di me?


Dopo ho pensato: “Si può vincere l’angoscia”! In effetti a volte è difficile superare quel momento quando ti senti preso da un groppo soffocante da cui non riesci a liberarti. Bisognerebbe riuscire a non pensarci, prima che questo stato d’animo si tramuti in ansia vera e propria, più difficile da eradicare; bisognerebbe ricordarsi degli attimi in cui, senza pensare, abbiamo liberato il nostro lato migliore, affidandoci proprio all’istinto, che per natura è positivo. La prossima volta che mi capiterà di sentir crescere dentro di me un qualche sentimento di angoscia mi dovrò ricordare del mio “istinto” e pensare: “Si può superare, è istintivo”!


domenica 17 gennaio 2010

Il vento irrequieto

C’era una volta un piccolo villaggio della campagna [...]. I suoi abitanti credevano nella tranquillità. Se vivevi in questo villaggio, infatti, sapevi cosa ci si aspettava da te, conoscevi il tuo posto nel disegno prestabilito e se per caso te lo dimenticavi qualcuno ti aiutava a ricordarlo. In questo villaggio, se vedevi qualcosa che non avresti dovuto, imparavi a guardare dall’altra parte; se accadeva che le tue speranze venissero deluse, imparavi a non chiedere di più.

Così attraverso momenti belli e brutti, fame ed abbondanza, gli abitanti si tenevano stretti alle loro tradizioni, finche in un giorno d’inverno, un vento irrequieto soffiò da nord.


Colpì improvviso, portò novità e scompiglio: l’equilibrio cominciò ad essere minacciato ed a vacillare, portando alla luce tutte le sue debolezze e le contraddizioni. La tranquillità non era più scontata.

In una parola portò umanità, scoprì ciò che si celava sotto la maschera perfetta, ciò che era stato soppresso dalle regole, dalle consuetudini, dalle tradizioni; portò alla luce le speranze, i desideri, i sogni, le emozioni, tutto ciò che era stato messo da parte in nome di una ostentata sicurezza.


Le reazioni tra gli abitanti furono diverse: chi diede libero sfogo alle sue emozioni, chi rimase confuso, chi decise di tagliare con il passato, chi ebbe delle reazioni esasperate; ci fu anche chi non seppe sfruttare al meglio l’occasione rasentando il fanatismo, venendo per questo bandito dal villaggio.


Il tempo passò ed alla fine s’instaurò un nuovo equilibrio, più sincero e vero: ognuno aveva sì il proprio posto, ma non più motivato dalla paura, dal dovere o dal bisogno di tranquillità, bensì dal proprio stato d’animo rinnovato, libero e vivo.


Non possiamo misurare la nostra bontà in base a ciò che non facciamo, in base a ciò che neghiamo a noi stessi, a ciò a cui rinunciamo, a chi respingiamo. Dobbiamo misurare la bontà in base a ciò che abbracciamo, a ciò che creiamo e a chi accogliamo.

Quel giorno [...] furono colti da una nuova sensazione, un alleggerimento dello spirito, una liberazione dalla vecchia tranquillità.


Tuttavia il vento irrequieto del nord non era soddisfatto. Parlò [...] di paesi ancora da visitare, di amici bisognosi ancora da scoprire, battaglie ancora da combattere...da qualcun altro la prossima volta.

Così il vento del nord si stancò e andò per la sua strada.


Niente poté più disfare il tranquillo villaggio, i cui abitanti avevano finalmente imparato ad affrontare la vita di ogni giorno con entusiasmo e pazienza.




mercoledì 6 gennaio 2010

Rivelazione

Per diversi anni la mia mente era rimasta imprigionata in un mondo parallelo che io stesso mi ero creato nel tentativo di scacciare le paure e le incertezze del mondo reale. La mia mente si era abituata a questa condizione, un po’ come gli abitanti della Città di Smeraldo che, per via degli occhiali verdi, vedevano smeraldi dappertutto!


Ma tutto questo non poteva durare perché mi stava sfuggendo tutto davanti a me. Così, 5 anni fa oggi, capii che non volevo più ingannare nessuno ne, soprattutto, illudere me stesso e decisi di allontanare quel mondo parallelo che mi ero creato. Proprio oggi, il 6 gennaio giorno dell’epifania: era stato casuale, ma di una casualità sorprendente.


Epifania:

Dal lat. tardo epiphani¯a(m), o epiphani°a(m), che è dal gr. epipháneia, in origine agg. neutro pl., '(feste) dell'apparizione', deriv. di epiphánein 'apparire (phánein) da sopra

Definizione

s. f. 1 (relig.) manifestazione della divinità, del soprannaturale; in partic., festività cristiana che si celebra il 6 gennaio a ricordo della visita dei magi a Gesù e delle prime manifestazioni della sua divinità

2 (lett.) apparizione, manifestazione solenne.


James Joyce: [...] Epifania: questa è una tecnica di Joyce in cui un insignificante particolare o un gesto, o perfino una situazione banale portano un personaggio ad una visione spirituale con cui comprende se stesso e ciò che lo circonda [...] era la chiave della storia stessa, cioè alcuni episodi descritti, apparentemente non influenti o importanti, sono essenziali nella vita del protagonista e sono un emblema del loro contesto sociale e storico.


Così, dopo 5 anni, posso considerare quel periodo come una parte della mia vita come tante altre, una parte fondamentale, ma comunque passata: come direbbero i Magi, ho visto la mia stella!