venerdì 20 gennaio 2017

I due vasi cinesi

Un’anziana donna cinese possedeva due grandi vasi, appesi alle estremità di un lungo bastone che portava bilanciandolo sul collo.

Uno dei due vasi aveva una crepa, mentre l'altro era intatto. Così alla fine del lungo tragitto dalla fonte a casa, il vaso intero arrivava sempre pieno, mentre quello con la crepa arrivava sempre mezzo vuoto.

Per oltre due anni, ogni giorno l'anziana donna riportò a casa sempre un vaso e mezzo di acqua.

Il vaso intero era fiero di se stesso, mentre il vaso rotto si vergognava terribilmente della sua imperfezione e di riuscire a svolgere solo metà del suo compito.

Dopo due anni, finalmente trovò il coraggio di parlare con l'anziana donna, e dalla sua estremità del bastone le disse: "Mi vergogno di me stesso, perché la mia crepa ti fa portare a casa solo metà dell'acqua che prendi".

L'anziana donna sorrise "Hai notato che sul tuo lato della strada ci sono sempre dei fiori, mentre non ci sono sull'altro lato? Questo perché solo dal tuo lato c'è la crepa da dove disperdi un pò d'acqua, e io ho piantato dei semi di fiori lungo la strada. Così ogni giorno, tornando a casa, tu innaffi i fiori. Per due anni io ho potuto raccogliere dei fiori che hanno rallegrato la mia casa e la mia tavola. Se tu non fossi così come sei, non avrei mai avuto la loro bellezza a rallegrare la mia vita".

In effetti, le cose più belle non sono perfette, sono speciali.

domenica 15 gennaio 2017

Take my hand


1. Tube
Mi avvia verso la stazione della metropolitana. Salii sul convoglio nella seconda carrozza, perché l’app mi diceva (in un italiano un po’ storpiato) che facendo così alla stazione di arrivo avrei trovato l’uscita proprio di fronte a me.


Mi sedetti ed ebbi conferma dall’annuncio vocale che si trattava proprio del mio treno. Facendo ancora attenzione agli annunci vocali che chiamavano le fermate, scesi alla mia stazione e seguendo la mappa della stazione in pdf sul mio smartphone mi portai sull’altro binario per prendere il treno dell’altra linea. Seguendo nuovamente le indicazioni dell’app, salii sulla quarta carrozza, trovandomi di fronte all’uscita all’arrivo.

2. Bus
Uscii di casa e m’incamminai verso la fermata dell’autobus. L’app mi diceva che il prossimo autobus sarebbe arrivato tra 13 minuti. Arrivai alla fermata e controllai il mio smartphone: in perfetta sincronia con il tabellone elettronico degli orari presente alla fermata, l’app si aggiornava segnalandomi l’avvicinarsi dell’orario di arrivo dell’autobus.


Salii mentre l’annuncio vocale mi confermava che ero sull’autobus giusto. Mi sedetti e, facendo sempre attenzione agli annunci vocali che chiamavano le fermate, scesi alla mia fermata quindi, seguendo le indicazioni vocali di Google Maps arrivai a piedi a destinazione.

3. Appendix
Ogni volta che mi dovevo spostare, era come se qualcuno invisibile mi prendesse per mano e mi accompagnasse fino a destinazione. In poche parole, il mio smartphone (http://www.popolis.it/dieci-anni-di-iphone-cosi-e-cambiata-la-vita-di-chi-non-vede/) era il mio strumento per comunicare con questo ‘qualcuno’ (identificabile nelle app) così che, nonostante l’enorme estensione e l’immenso caos della città, potevo percorrere la via tracciata per me in mezzo a milioni di altre vie, con una limpida e piacevole sensazione di indipendenza.

Questo, però, non succedeva nel mio paese. Eppure potrebbe facilmente accadere anche qui. In effetti, sfruttando la tecnologia, basterebbe poco per implementare in maniera capillare dei servizi di questo tipo anche nel mio paese. Per un disabile come me è questione di non percepire la propria diversità. Si può sempre chiedere al vicino di farsi aiutare per esempio, ma se da altre parti esiste già da molto tempo la possibilità di sentirsi rispettati, indipendenti, alla pari, perché non lo si è fatto agli stessi livelli anche qui?