domenica 15 gennaio 2017

Take my hand


1. Tube
Mi avvia verso la stazione della metropolitana. Salii sul convoglio nella seconda carrozza, perché l’app mi diceva (in un italiano un po’ storpiato) che facendo così alla stazione di arrivo avrei trovato l’uscita proprio di fronte a me.


Mi sedetti ed ebbi conferma dall’annuncio vocale che si trattava proprio del mio treno. Facendo ancora attenzione agli annunci vocali che chiamavano le fermate, scesi alla mia stazione e seguendo la mappa della stazione in pdf sul mio smartphone mi portai sull’altro binario per prendere il treno dell’altra linea. Seguendo nuovamente le indicazioni dell’app, salii sulla quarta carrozza, trovandomi di fronte all’uscita all’arrivo.

2. Bus
Uscii di casa e m’incamminai verso la fermata dell’autobus. L’app mi diceva che il prossimo autobus sarebbe arrivato tra 13 minuti. Arrivai alla fermata e controllai il mio smartphone: in perfetta sincronia con il tabellone elettronico degli orari presente alla fermata, l’app si aggiornava segnalandomi l’avvicinarsi dell’orario di arrivo dell’autobus.


Salii mentre l’annuncio vocale mi confermava che ero sull’autobus giusto. Mi sedetti e, facendo sempre attenzione agli annunci vocali che chiamavano le fermate, scesi alla mia fermata quindi, seguendo le indicazioni vocali di Google Maps arrivai a piedi a destinazione.

3. Appendix
Ogni volta che mi dovevo spostare, era come se qualcuno invisibile mi prendesse per mano e mi accompagnasse fino a destinazione. In poche parole, il mio smartphone (http://www.popolis.it/dieci-anni-di-iphone-cosi-e-cambiata-la-vita-di-chi-non-vede/) era il mio strumento per comunicare con questo ‘qualcuno’ (identificabile nelle app) così che, nonostante l’enorme estensione e l’immenso caos della città, potevo percorrere la via tracciata per me in mezzo a milioni di altre vie, con una limpida e piacevole sensazione di indipendenza.

Questo, però, non succedeva nel mio paese. Eppure potrebbe facilmente accadere anche qui. In effetti, sfruttando la tecnologia, basterebbe poco per implementare in maniera capillare dei servizi di questo tipo anche nel mio paese. Per un disabile come me è questione di non percepire la propria diversità. Si può sempre chiedere al vicino di farsi aiutare per esempio, ma se da altre parti esiste già da molto tempo la possibilità di sentirsi rispettati, indipendenti, alla pari, perché non lo si è fatto agli stessi livelli anche qui?

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