martedì 30 novembre 2010

Sentieri

Partiamo. Il sentiero è largo, pianeggiante, ben segnato e curato: sono entusiasta, il percorso è privo di difficoltà; parliamo e scherziamo appassionatamente, mentre tutti insieme camminiamo con passo costante e determinato.


Dopo qualche tempo la pendenza cambia ed il sentiero si fa gradualmente più ripido ed impervio: il tracciato si restringe, il terreno diventa scosceso e tutto questo rallenta la mia salita per via della mia scarsa capacità visiva. I discorsi si smorzano e non si scherza più, rimanendo concentrati sul sentiero: ognuno prende il proprio ritmo ed il gruppo si spezza. Io rimango un po’ indietro, le gambe cominciano a farsi sentire, ma tengo il passo.


Il sentiero è diventato impegnativo, il gruppo si è definitivamente sciolto ed io sono rimasto indietro. Proseguo a ritmo molto lento, le gambe scottano e mi manca il respiro: quella che sembrava una camminata tranquilla si è trasformata in una lotta drammatica contro la fatica. Mi fermo a riprendere fiato ma sono fradicio per cui riparto quasi subito per non prendere troppo freddo. Mi fermo di nuovo, persone mi superano. Sono solo; c’è un silenzio assordante: quelli che erano con me ormai sono avanti e dietro di me non c’è più nessuno. Diventa quasi impossibile riprendere il cammino, e stento ad andare avanti: non sento più le gambe, mentre il peso dello zaino sulle spalle diventa insopportabile ed il sudore mi si asciuga addosso facendomi venire i brividi.


Privo di forze ed in preda all’angoscia comincio a desiderare di fermarmi definitivamente e tornare indietro. Non sono preparato per questo tipo di cose, anzi, non sarei dovuto neanche partire: gli altri sono tutti allenati e non fanno nessuna fatica. A questo punto le cose più logiche da fare sono, o avvertirli e tornare indietro, oppure trovare un posto comodo ed aspettare il loro ritorno. Non importa che figura ci faccio, sono andato al di là delle mie possibilità.


Il silenzio diventa mostruoso e mi avvolge come per proteggermi: mi sento bene al riparo dal mondo e mi accorgo che potrei abituarmi a questo immobile torpore. Ma così non va bene, non è giusto. Ero partito per raggiungere il luogo di un evento unico nel suo genere e non posso deludere così le mie aspettative, non voglio rinunciare senza prima aver provato fino in fondo, inoltre, la soddisfazione di arrivare potrebbe veramente ripagarmi di tutti gli sforzi!


Faticosamente riparto, attorno a me ancora silenzio e solitudine. Metto un piede davanti all’altro tenendo lo sguardo rivolto verso il basso per non guardare il sentiero che ancora sembra interminabile; anzi, ho come la sensazione che la fine si allontani ad ogni mio passo.


Passa del tempo, il sentiero s’inerpica nel bosco, la luce penetra a sprazzi tra le fronde degli alberi rendendo per me ancora più difficile seguire il percorso. Adesso, però, mi sento meglio, perché nonostante tutto il desiderio di continuare e di arrivare ha preso il sopravvento.


Ad un certo punto comincio a sentire, molto in lontananza, una voce, il monologo di una persona che parla attraverso un microfono; chissà da quanto tempo è iniziato lo spettacolo. L’eco delle montagne lo fa sembrare vicino, anche se in realtà manca ancora un po’ di strada. Però, ad ogni mio passo la voce si fa più vicina: il sentiero ha smesso di prendersi gioco di me, la fine si sta avvicinando davvero. Esco dal bosco e percepisco la folla, ma non sono ancora arrivato. Poi, con mia grande sorpresa, sento un’altra voce, questa volta accompagnata dalla chitarra, non sapevo che doveva esserci anche la musica. Io questa voce la conosco! Le mie gambe non mi reggono più, ma allungo il passo, non voglio perdermi l’ultima parte dello spettacolo.


Ecco gli altri: sono arrivato. Lascio cadere lo zaino e mi sdraio sull’erba sotto il sole; devo sembrare davvero stremato, perché qualcuno mi chiede se va tutto bene. Certo che va tutto bene: sono arrivato, ora non c’è silenzio e non sono più solo e dico a me stesso che laggiù da qualche parte lungo il sentiero avevo fatto bene a scegliere di continuare. Sì, perché anche se questa giornata potrebbe non aver inciso in maniera determinante sul corso della mia vita, ho imparato ancora una volta che non vale la pena rinunciare a qualcosa che potrebbe dare delle soddisfazioni anche piccole; infatti, a volte alla lunga desistere accontentandosi di immaginare come sarebbe stato è più doloroso che sentirsi consumare dalla fatica, dalla tensione e dall’angoscia. L’entusiasmo e la passione iniziali non mi sarebbero bastati per raggiungere la fine del sentiero se non ci fossero stati anche il desiderio e la volontà di farlo.