domenica 4 dicembre 2011

Uscire


Mi sento trascurata.
Gli altri non sono come te, ragionano in modo diverso, hanno un’educazione ed una mentalità diverse dalle tue; non puoi dare la colpa agli altri per come ti senti tu. Bisogna andare oltre, uscire da se stessi e porsi di fronte agli altri in maniera critica e positiva. Ci vuole tempo e bisogna fare delle verifiche, ma non si tratta più di pensare se la cosa va bene per te, ma di capire come puoi contribuire.

domenica 11 settembre 2011

Notte



Notte, un canto dal cielo.
Sereno, come cullato dalle onde del mare, rigenerato dall‘erba soffice e fresca, accarezzato dal delicato tepore del sole.

domenica 24 luglio 2011

L'imprevedibile

Per ora mi sento ancora uno spettatore; per ora l’unica cosa stabile è il lavoro!
Forse stai esagerando! Quello che hai fatto e stai facendo può avere inciso e potrebbe incidere più di quanto tu immagini; dovresti cercare di uscire un po’ da te stesso, lasciarti un po’ ammaliare dalle imperfezioni del mondo, sedurre dai difetti e prendere dalla complessità degli eventi. Ricorda: l’imprevedibile è la base della libertà!


lunedì 11 luglio 2011

Io resto qui



A volte mi dimentico di me, del mio passato, delle mie scelte, di quello che sono.
Cado in impaccio, non trovo le parole e non so reagire.
Però, io avevo scelto: ero caduto e mi ero rialzato, mi ero perso ed avevo ritrovato la strada.
Io resto qui!

martedì 17 maggio 2011

La spia

Ha bisogno di assistenza?
No, grazie!
Passata la dogana mi siedo ad attendere la comparsa del numero del cancello d’uscita del mio volo. Sembravo una spia, a dire il vero nemmeno tanto discreta! Con la fotocamera del mio cellulare fotografavo il tabellone, quindi zoommavo la foto per visualizzare meglio la riga dove compariva il  numero del volo. Grande intuizione e grande tecnologia!
Con il tempo ho sviluppato degli stratagemmi ed imparato ad utilizzare gli strumenti a mia disposizione per affrontare il mondo e districarmi tra la gente, riuscendo a controllare progressivamente quella paura di non farcela che mi deriva dal mio handicap visivo. Dopo questo episodio, avvenuto in un frequentatissimo aeroporto di una grande capitale europea, ho capito che posso buttarmi nella mischia come fanno tutti e cavarmela nonostante il mio handicap. Nemmeno per un attimo, questa volta, mi sono sentito solo né ho avvertito il bisogno di essere accompagnato.

martedì 15 marzo 2011

Le prove

Ero in formissima, eccitata, tutto stava andando a meraviglia. Raccoglievo ogni nuova sfida e la superavo son scioltezza: ero la migliore, mi sentivo di poter fare tutto, niente poteva fermarmi.
Un giorno qualcuno mi propose una cosa nuova fuori dai soliti schemi. Avevo bisogno di nuovi stimoli e questa proposta sembrava arrivare nel momento giusto. Così accettai ed incominciai le prove. Mi resi subito conto che era effettivamente una cosa davvero diversa e che avrei avuto bisogno di un po’ di tempo per famigliarizzare. Man mano che passavano i giorni, però, mi trovai sempre più in difficoltà e non riuscivo a fare progressi: era come se mi sentissi bloccata, come se qualcosa dentro di me inconsciamente mi frenasse. S’innescò un circolo vizioso: più aumentavano le difficoltà, più mi preoccupavo e più mi preoccupavo più vedevo le difficoltà aumentare, fino a quando non riuscì più ad esprimermi in alcun modo. L’angoscia si trasformò in ansia e non riuscì più a concludere nulla. Intorno a me la gente incominciava a perdere la fiducia in me ed a mettermi da parte e questo, ovviamente contribuì ad accrescere ancora di più le mie paure. D’un tratto mi resi conto quanto fossi davvero sensibile e, contemporaneamente, quanto importante fosse per me ritrovare la sicurezza e la padronanza nella cosa che sapevo fare meglio.
Un giorno in sala prove si presentò una persona, non tanto bella ne simpatica, ma rimase tutto il tempo a seguire le mie prove, mentre gli altri mi rivolgevano occasionali parole di incoraggiamento senza troppa enfasi. Alla fine della giornata quella persona non tanto bella ne simpatica venne da me e mi disse se volevo entrare a far parte del suo gruppo. Io alzai gli occhi ed esplosi tutta la mia rabbia, la mia frustrazione, la mia ansia.
Ma che cazzo stai dicendo!
Sono sicuro che è quello che vuoi: questo è ciò che conta, il resto arriverà.
Rimasi senza parole di fronte alla sua calma e determinazione. Questa persona mi aveva seguito per tutto il giorno, aveva visto quanto fossi tesa ed impaurita, eppure mi voleva nel suo gruppo solo per il fatto che credeva nelle mie reali potenzialità oltre le apparenze!
Ma questa persona sapeva il fatto suo ed ora lo so anch’io. Se sono qui ora è grazie a questa persona, che ha risvegliato in me la fiducia. In realtà le cose non cambiarono subito, ma mentre tutto e tutti rimanevano indifferenti quella persona mi incoraggiava e mi accettava per quello che ero. Non ho mai cercato punti di riferimento e non li cerco tutt’ora: ho ritrovato me stessa e la serenità ed ho scoperto di voler continuare a condividere le mie esperienze con questa persona non per riconoscenza, ma perché lo voglio sinceramente.

lunedì 7 marzo 2011

Continua a scrivere

Volevo chiudere il mio blog. Volevo smettere di scrivere. Volevo ricominciare a tenermi tutto dentro.
Perché spesso mi chiedo se vale la pena scrivere tutto questo, se interessa davvero, ma soprattutto è giusto farlo, per me stesso, intendo.
Volevo togliere tutto, le mie parole, le mie foto. E stavo quasi per farlo...
Ma, poi qualcosa mi ha convinto a non farlo ed a continuare, per me.
Ma qualcuno risponde al tuo blog?
Non so se qualcuno lo legge, ma quasi nessuno mi risponde.
Beh, tu continua a scrivere, però!

giovedì 3 marzo 2011

La grande casa

Vuoi un succo?
Le parole, appena sussurrate, lo risvegliarono dal dolce torpore. Lentamente si alzarono dal divano e, senza perdersi di vista un attimo, si spostarono in cucina. La grande casa, con le sue stanze, le sue pareti, le sue porte, le sue finestre, teneva il mondo lontano; i rumori della strada giungevano affievoliti ed in quel momento dentro la casa si sentiva solo il rumore delle piante dei loro piedi sul pavimento fresco.
Aprì il frigo, tirò fuori la bottiglia; prese un bicchiere dall’armadietto, sollevandosi sulle punte dei piedi, lo riempì e glielo diede. Restarono lì in piedi senza togliersi gli occhi di dosso, appoggiati dolcemente al piano della cucina ed illuminati dalla fioca luce della cappa; la tapparella del terrazzo leggermente abbassata lasciò entrare una leggera brezza che delicatamente accarezzò i loro corpi.
Vieni.
Prese la sua mano e lo condusse in camera.
Notte. Supini, le dita delle mani che sfiorano appena la pelle ancora calda. Silenzio, dalla finestra aperta il rumore di un tram in lontananza. Percepiva chiaramente che entrambi stavano pensando alla stessa cosa: era da tanto tempo che quel grande letto non ospitava un’altra persona.
Non rivide più la grande casa. Ripensandoci, però, le cose non sarebbero potute andare diversamente: fu tutto perfetto, puro, vissuto con la massima naturalezza e sincerità. 
Grazie a questa considerazione, col tempo riuscì a colmare la sensazione di vuoto e di sfiducia ed a risvegliare in lui il desiderio e la speranza.

giovedì 24 febbraio 2011

Ho paura di perdermi


Ho paura di perdermi
guardando il tuo viso;
ho paura di perdermi
nei tuoi occhi.
Ho paura di perdermi
ascoltando la tua voce;
ho paura di perdermi
nella tua dolcezza.
Ho paura di perdermi
stando a guardarti;
ho paura di perdermi
tra le tue braccia.
Per questo ora non posso dirti niente.

giovedì 17 febbraio 2011

Sciopero

 Sciopero.
Per informazione chiamare il numero verde o collegarsi al sito!
Fino all’ultimo, però, non si sa mai se il proprio treno sarà in servizio: bisogna seguire gli aggiornamenti in tempo reale sui tabelloni elettronici in stazione. Ci sono anche i monitor vicino ai binari, collocati in modo che anch’io posso leggerli.
Sono solo.
Compare il mio treno e la scritta CAN nella colonna riservata alle note, che conferma la soppressione del servizio. Cosa fare? Ora devo decidere: restare lì in una stazione che conosco ed aspettare la fine dello sciopero o spostarmi in un’altra stazione che non conosco, sperando poi che ci sia un treno in servizio che mi riporti a casa?
Decido di muovermi. Solo, con l’aiuto anche del mio cellulare, scendo a prendere la metro. Chiedendo riesco a dirigermi verso il binario giusto ed a scendere alla fermata giusta. Da che parte è la stazione dei treni? Finalmente arrivo nell’atrio dove vedo tanta gente assiepata davanti ai tabelloni elettronici: è l’ora della verità, se c’è un treno sono fortunato. Casualmente l’altoparlante annuncia che un treno per casa è in partenza al binario 16: dov’è il binario 16? Non voglio perdere il treno!
Sono solo. Dove sono tutte le persone che conosco? Perché quando serve non c’è mai nessuno ad aiutarmi? Quanto vorrei che ci fosse qualcuno che si prendesse cura di me, che mi prendesse per mano e mi facesse da occhi in mezzo a tutta questa frenesia.
Alla fine trovo il binario ed il treno lì ad aspettarmi. C’è molta gente in piedi, ma trovo un posto e mi siedo: ce l’ho fatta. Mi sento soddisfatto.
Poi, il treno parte ed il suo movimento lungo i binari mi aiuta a riordinare i pensieri dentro la mia testa. Appoggio la testa al sedile e lentamente il senso di solitudine che mi aveva angosciato pochi attimi prima svanisce, comincio a non temerla più ed a non sentire più il bisogno di dover essere accompagnato; nessuno è obbligato a farlo, la mia tranquillità dipende soprattutto da me.
Quanto vorrei che fosse sempre così.

giovedì 20 gennaio 2011

La principessa

Una volta un re fece una festa e c'erano le principesse più belle del regno. Ma un soldato che faceva la guardia vide passare la figlia del re. Era la più bella di tutte e se ne innamorò subito. Ma che poteva fare un povero soldato a paragone con la figlia del re! Basta! Ma, finalmente, un giorno riuscì a incontrarla e le disse che non poteva più vivere senza di lei. E la principessa fu così impressionata del suo forte sentimento che disse al soldato: "Se saprai aspettare cento giorni e cento notti sotto il mio balcone, alla fine, io sarò tua!"
Ma, subito il soldato se ne andò là e aspettò un giorno, due giorni e dieci e poi venti. Ogni sera la principessa controllava dalla finestra ma quello non si muoveva mai. Con la pioggia, con il vento, con la neve era sempre là. Gli uccelli gli cacavano in testa e le api se lo mangiavano vivo ma lui non si muoveva. Dopo novanta notti era diventato tutto secco, bianco e gli scendevano le lacrime dagli occhi e non poteva trattenerle poiché non aveva più la forza nemmeno per dormire... mentre la principessa sempre lo guardava. E arrivati alla novantanovesima notte il soldato si alzò, si prese la sedia e se ne andò via. (
Alfredo)


Il soldato se ne andò perché non avrebbe sopportato il dolore se la principessa non avesse mantenuto la promessa.


Cosa è meglio: vivere novantanove notti nell’illusione, evitando una possibile delusione, oppure vivere fino alla centesima notte per non avere rimpianti, con la possibilità di rimanere profondamente delusi da un’eventuale promessa mancata? Oppure non aspettare nemmeno un giorno, evitando anche l’illusione?


La lezione del cavallo insegna ad agire in maniera positiva, non in maniera cinica, facendo della propria delusione e disperazione, la propria forza.

sabato 8 gennaio 2011

Quel che rimane

Silenzio. Fuori la neve, in casa il buio; dalle finestre filtra solo la luce fioca dei lampioni riflessa dal biancore della neve. Tutto è immobile ed ovattato, specchio dell’anima!


Cosa rimane? Prima c’era tutto, ora sembra che non ci sia più niente. Le giornate si sono improvvisamente svuotate e sono diventate tutte uguali; si vive così, un giorno dopo l’altro, in attesa!


Cosa rimane? Ricordi, intenzioni, voci, parole, frasi, scelte: un nodo alla gola, doloroso, paralizzante.


Tutto era apparso scontato, ma a niente si era dato davvero importanza.


Il telefono avvisa l’arrivo di un messaggio; pigramente il dito fa scorrere le parole sul piccolo schermo.


Che sorpresa! Gentile! Ha apprezzato!


Ecco, qualcuno ha apprezzato e l’ha comunicato: questo piccolo gesto di riconoscenza risolleva il morale, la nuvola di nostalgia vacilla leggermente.


Forse non si ottengono dei riscontri visibili ed immediati dei propri gesti e delle proprie azioni, ma non bisogna scoraggiarsi: i veri nemici non sono gli altri, non è il mondo, non sono le circostanze; i veri nemici sono le nostre paure, le nostre debolezze, le nostre indecisioni, i nostri bisogni. Queste sono le cose che possono davvero diventare pericolose e farci del male.


Non rispondo al messaggio, ma chiamo direttamente il mittente, che mi comunica a voce quello che non si riesce a sintetizzare via SMS.