Albeggiava. Scostò le lenzuola e l’aria fresca della notte, che filtrava attraverso le persiane, cominciò ad accarezzarle dolcemente la pelle. Guardò su verso il soffitto, immobile e leggero, poi, pigramente, si voltò verso di lui; nella penombra riusciva a scorgere appena la sagoma del suo corpo parzialmente coperto. Dai piccoli movimenti delle sue labbra, e dai suoni quasi impercettibili che uscivano dalla sua bocca, capì che stava sognando. Sebbene si trovassero a pochi centimetri l’una dall’altro, ebbe per un istante come una malinconica sensazione che fossero estranei. Chissà dov’era in quel momento, cosa stava vedendo, con chi era? Forse non l’avrebbe saputo mai: le sensazioni che si provano nei sogni sono difficilmente condivisibili. Lo sfiorò dolcemente con le dita della mano, poi tornò a fissare il soffitto.
Per un attimo ci aveva pensato, ma non poteva svegliarlo, non poteva interrompere il suo sogno. Tra poco si sarebbero svegliati, si sarebbero abbracciati e baciati, si sarebbero vestiti ed avrebbero cominciato una nuova giornata, spinti da quel continuo, misterioso e meraviglioso impulso di condivisione e complicità, ma ora no, bisognava lasciare tutto così fino al risveglio. Non gli avrebbe chiesto nulla del sogno.
Un nuovo e fresco colpo d’aria si fece largo attraverso le fessure delle persiane e passò sulla sua pelle spazzando i pensieri; si rigirò nel letto e si riaddormentò.
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